A Roma, in via Casilina 634, si nasconde – per ora – il M.A.U.MI, il primo Museo di Arte Urbana sulle Migrazioni d’Italia. Varcando la soglia di un piccolo cancello si apre il grande cortile di Casa Scalabrini 634, struttura di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo, gestito dall’ASCS – Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione e lo Sviluppo. La sorpresa per chi entra è nei ‘muri’ che disegnano un vero e proprio museo-narrante dedicato all’evoluzione del fenomeno migratorio a Roma. Uno spazio privato che si apre al pubblico grazie al lavoro e alla sinergia tra Casa Scalabrini 634 e Ecomuseo Casilino. “M.A.U.MI- racconta all’Agenzia Dire il presidente dell’Ecomuseo Casilino, Claudio Gnessi- vuole raccontare il processo di migrazioni di Roma e Roma Est attraverso la street art e il muralismo contemporaneo. Abbiamo realizzato una ricerca grazie a CSER (Centro Studi Emigrazioni Roma) prendendo 10 fotografie dall’antichità al contemporaneo e offrendole agli artisti. A loro è stato chiesto di re-interpretare con la propria maestria e sensibilità gli scatti. Saranno 10 opere di 10 artisti diversi con diversi gruppi curatoriali”. La curatela dei primi murales è stata affidata a David Vecchiato, Diavù, che ha coinvolto Mr Klevra, Croma, Nicola Verlato e Mosa One. Il secondo gruppo di opere presentato ieri negli spazi di Casa Scalabrini è stato curato invece da Murilab: “Siamo un gruppo di guide turistiche- spiega all’Agenzia Dire Francesca Pagliaro di Murilab- normalmente lavoriamo nei musei del centro storico ma in queste occasioni preziosissime riusciamo a rompere le barriere del museo convenzionale e a portare i turisti oltre le mura. Grazie all’Ecomuseo Casilino abbiamo avuto la curatela di 4 delle 10 opere all’interno di M.U.A.MI. Abbiamo chiesto a Simone Tso, Daniele Tozzi, Ale Senso e Gio Pistone di tradurre per noi le tematiche dell’immigrazione nella Roma moderna e contemporanea e nel territorio dell’Ecomuseo Casilino. Gli artisti seguendo alcune indicazioni hanno brillantemente trovato delle soluzioni che per noi rispecchiano il territorio e la città con e senza l’apporto dei migranti. Simone Tso ha fatto sparire opere architettoniche famosissime dalla sua mappa realizzate da artisti che arrivavano al di fuori del territorio della Chiesa, Gio Pistone ha messo insieme 4 favole delle 4 etnie più presenti sul territorio, Alessandra Sensini ha invece spiegato come gli immigrati sostengano l’economia della città e Daniele Tozzi è sceso nelle viscere del territorio riportando alla luce i viaggiatori del tempo”. Sono 8 al momento le opere che raccontano in ordine cronologico i momenti topici della storia migratoria: “Restano da progettare due nuove opere, ci stiamo già ragionando- prosegue Claudio Gnessi- La nostra idea è quella di raccontare una storia che non è molto nota. È la storia di come questo territorio si sia fondato e formato nel corso del tempo, e di come la migrazione sia stata il filo rosso di questa evoluzione. Una storia che ribalta un po’ gli stereotipi su questi territori, li caccia dall’ipotesi di una romanità romana e li colloca in una posizione internazionale e, in un certo senso, riscatta tutta Roma dall’essere una città un po’ provinciale”. Una volta terminato il progetto espositivo, ogni murale avrà un QRCode associato, così da portare i ‘visitatori’ nei momenti storici rappresentati. Contenuti multimediali racconteranno opera e processo creativo e anche i muri che si affacciano sulla Casilina diventeranno un invito ad entrare. Con il M.U.A.MI un luogo associato alla povertà e al margine si sta dunque trasformando in un polo museale di arte contemporanea, dimostrando così che lo sviluppo dei territori avviene soprattutto grazie alla messa in valore delle ricchezze umane, culturali e sociali che lo abitano.