I giudici della Corte d’assise d’appello di Roma descrivono l’aggressione contro Stefano Cucchi come una reazione “con modalità violente ingiustificate e sproporzionate”. E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui il 7 maggio sono stato condannati a 13 anni i due carabinieri responsabili di tale reato. La Corte ritiene le azioni “sproporzionate rispetto al tentativo dell’arrestato di colpire il pubblico ufficiale”. Il gesto di reazione di Cucchi è stato, secondo i giudici, “un gesto solo figurativo, inserito in un contesto di insulti reciproci inizialmente intercorsi dal carabiniere Di Bernardo e l’arrestato che, nel dato contesto, esprime il semplice rifiuto di sottoporsi al fotosegnalamento”. Per la Corte romana “può ritenersi accertata la sproporzione tra l’alterco insorto tra Di Bernardo e Cucchi rispetto alla portata dell’aggressione da quest’ultimo patita alla quale partecipo’ D’Alessandro”. In merito all’aggravante dei futili motivi, “le violente modalità con cui è stato consumato il pestaggio ai danni dell’arrestato, gracile nella struttura fisica, esprimono una modalità nell’azione che ha ‘trasnodato’ la semplice intenzione di reagire”. I giudici hanno condannato anche il carabiniere Roberto Mandolini per falso e a due anni e mezzo e, sempre per falso, Francesco Tedesco, il militare che con le sue dichiarazioni aveva fatto luce sul quanto avvenuto nella caserma Casilina la notte dell’arresto di Cucchi.