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Israele, l’economia non può reggere a lungo i tempi della Guerra

di Giuliano Longo

Gli israeliani sono noti per le loro innovazioni tecnologiche nel campo dell’agricoltura e della loro capacità di crescere in una regione in gran parte arida, ora questi settori subiranno maggiormente il peso della guerra oltre a quelli del Petrolio e gas, turismo, sanità, vendita al dettaglio e tecnologia.

Questa è la conclusione del reportage della influente pubblicazione americana Foreign Policy che prosegue con una analisi dettagliata.

Al momento molte compagnie aeree hanno smesso di volare verso Israele mentre il governo ha chiesto di fermare le attività in un giacimento di gas per ridurre al minimo il rischio di un attacco mirato.

Lo shekel, la moneta israeliana,  è già crollato al minimo da 14 anni, la banca centrale ha tagliato le previsioni per la crescita economica quest’anno dal 3% al 2,3% mentre importanti industrie stanno affrontando interruzioni della produzione.

Israele è entrato  in guerra con 200 miliardi di dollari in riserve e 14 miliardi di dollari in aiuti dagli Stati Uniti , principalmente per finanziamenti militari, ma  gli esperti sostengono che il conflitto in corso costerà all’economia israeliana altri miliardi in più e richiederà molto più tempo per riprendersi rispetto al passato.

Intere città sono state abbandonate e attività commerciali chiuse mentre 250.000 persone sono state evacuatee costrette a cercare rifugio negli hotel del paese o presso parenti che vivono altrove. Inoltre, l’appello a360.000 riservistiche in tempo di pace erano impiegati in vari lavori, ha messo a dura prova le aziende e ha reso precaria la loro sopravvivenza.

Anche il turismo, un settore che costituisce il 3% del PIL di Israele e fornisce indirettamente il 6% dei posti di lavoro, ha subito un colpo, mentre gli hotel ospitano gli sfollati con qualche sussidio del governo ma  con enormi perdite.

L’industria dellestart-up in Israele ha avuto un grande successo, ma è  sotto pressione poiché gli investitori si erano già ritirati da un paese impantanato nelle proteste di massa sulle riforme giudiziarie.

Secondo uno studio dell’Università Ebraicaintitolato “Impegno della società civile in Israele durante la guerra delle spade di ferro”, quasi la metà della popolazione israeliana si è offerta volontaria in qualche modo per aiutare i compatrioti, direttamente o indirettamente, colpiti dagli effetti d della guerra. Inoltre le organizzazioni filantropiche nazionali e le ONG hanno donato “decine di milioni di dollari”,mentre si stima che le

Trecento economisti israeliani hanno scritto una lettera aperta al governo invitado il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro delle FinanzeBezalel Smotrich, che proviene da un partito di estrema destra, ad attuare urgentemente una serie di misure per quanto sgradevoli per  loro elettori, chiedendo  che i soldi accantonati per i programmi educativi delle comunità ultraortodosse siano reindirizzati alle spese militari.

Il governo israeliano ha presentato un piano di aiuti economici che offre 1 miliardo di dollari per aiutare le imprese, e ilministro delle Finanze Smotrichha promesso che “tutto ciò che non coinvolge lo sforzo bellico e la resilienza dello Stato verrà fermato”.

L’estrema destra, tuttavia, è ancora irremovibile nel non lasciare che i palestinesi siano parte della soluzione.Il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir, il leader di estrema destra più esplicito, ha bloccato la proposta di assumere più palestinesi per far fronte alla carenza di lavoratori nelle fattorie israeliane.

Il settore agricolo si trova ad affrontare una carenza di 10.000 agricoltori e il Ministero dell’Agricoltura israeliano ha proposto un piano per assumerne 8.000 provenienti dalla Cisgiordania: donne palestinesi di tutte le età e uomini di 60 anni o più.

Ma Gvir mette in guardia da un rischio per la sicurezza, poiché la sfiducia tra israeliani e palestinesi si approfondisce, soprattutto perché il 20% della popolazione israeliana comprende già arabi israelianiche probabilmente hanno una certa simpatia per la causa palestinese, ma non sono in combutta con Hamas.

Anche se lo shekel si è deprezzato, un comitato composto da cinque membri della Banca d’Israele che sovrintende alla politica monetaria ha deciso di mantenere il tasso di interesse al 4,75% eil governatore della banca centrale ha sottolineato la resilienza dell’economia.

Israele non è nuovo ai conflitti e in passato ne è uscito, ma questa volta si prevede che la guerra sarà più lunga e potrebbe trasformarsi in uno scontro regionale.

aggiornamento la crisi mediorientale ore 10.21

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