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Mogol candidato al Premio Nobel per la letteratura A Roma la mostra Dacia. L’ultima frontiera della Romanità

di Sara Valerio

 

Oltre 1000 opere provenienti da 47 musei della Romania esposte per la prima volta in Italia presso le Aule delle Terme di Diocleziano fino al 21 aprile 2024. Dacia. L’ultima frontiera della Romanità è un viaggio inedito attraverso oltre millecinquecento anni di storia e cultura del territorio rumeno, dall’VIII sec. a.C. all’VIII sec. d.C.

Una delle più grandi e prestigiose esposizioni di reperti archeologici organizzata dalla Romania all’estero negli ultimi decenni che si riallaccia a quella di Madrid (Museo Archeologico Nazionale, 2021) e Bucarest (Museo Nazionale di Storia della Romania, 2022), ampliandone il percorso con oggetti provenienti da musei rumeni, dal Museo Nazionale di Storia della Repubblica di Moldova e dal Museo Nazionale Romano.

La mostra esplora il tema della costruzione della Romanità e si inserisce nel contesto delle grandi esposizioni archeologiche, come Tota Italia. Alle origini di una nazione, ospitata alle Scuderie del Quirinale nel 2021.

Posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Romania e del Presidente della Repubblica Italiana segna un doppio anniversario per i rapporti bilaterali romeno-italiani: 15 anni dalla firma del Partenariato Strategico Consolidato tra la Romania e l’Italia e 150 anni dalla costituzione della prima agenzia diplomatica della Romania in Italia. Come ricordato dal Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, nel suo messaggio di saluto: “La presenza romana fu tutto sommato breve, ma l’influenza nella regione fu profonda, lasciando l’impronta indelebile della latinità nella zona dei Carpazi e del Basso Danubio”.

Il percorso espositivo riflette sull’importanza della presenza romana nella regione dei Carpazi e del Basso Danubio. Oggi, questa interconnessione storica, culturale e linguistica, insieme alla comune eredità di una civiltà millenaria, continua a rinforzare i legami politici ed economici tra i due Paesi.

Per celebrare il doppio anniversario, l’ingresso sarà gratuito per i cittadini della Romania e della Repubblica di Moldova.

La visita si snoda come un viaggio millenario durante il quale vedere l’evoluzione degli antenati geto-daci verso i popoli geti e daci; la trasformazione di una parte della Dacia in provincia romana; l’integrazione di questo spazio nel mondo romano; la sopravvivenza della civiltà anche dopo l’abbandono del territorio dacico da parte dell’esercito e dell’amministrazione di Roma; la convivenza degli abitanti del territorio con le popolazioni migranti.

Ad aprire il percorso, il calco di una scena scolpita sulla Colonna Traiana (scena XXXII, spirale V), che ritrae tre arcieri Daci che tengono sotto tiro i Romani assediati all’interno di una città e che l’archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli fece colorare agli inizi degli anni ’70, dimostrando così l’esistenza del colore nell’architettura dell’antichità imperiale romana.

Accanto sono esposti capolavori come il Serpente Glykon da Tomis, raffigurazione in marmo di un ‘demone buono’ che guarisce dalle epidemie; l’elmo d’oro di Cotofeneşti di manifattura tracia, con varie scene di sacrificio; l’elmo celtico di bronzo da Ciumeşti, col cimiero a forma di aquila unico per fattura e progettualità; il tesoro gotico di Pietroasele del IV secolo d.C. con la phiale (coppa) d’oro lavorata a sbalzo e le grandi fibule; e ancora alcuni bracciali d’oro daci, le tavolette in bronzo della Lex Troesmensium e il donarium di Biertan.

In mostra anche un’ampia selezione di importanti reperti – tra cui armi, vasi, ceramiche, monete, gioielli e corredi per i riti di magia – attraverso i quali è possibile scoprire la religione, l’arte, l’artigianato, il commercio e la vita quotidiana della antica Dacia.

Il fascino dell’esposizione emerge dall’intreccio e dall’influsso reciproco delle civiltà, dalle trasformazioni profonde, dal processo di formazione e adattamento che ha portato alla creazione di un’identità culturale, per un lasso di tempo che va dalla fine della prima età del ferro e fino agli albori della civiltà europea attuale, in uno spazio percepito dai contemporanei come “ultima frontiera della Romanità”, luogo dove il fondamento linguistico gettato dalla lingua latina e il nome dei romani sono sopravvissuti, nonostante le vicissitudini, fino ai nostri giorni.

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